Il Martello - Valter Casagrande da " Nuvole sospese" Edizioni Progetto Cultura 2019

Sfumato,                                          
da posti lontani
alla vista,
arriva un rumore,
un suono,
familiare al ricordo,
che sincrono batte
sul legno.

Si accendono
immagini antiche,
pensieri lontani
e tutto rimane
immobile
attorno alla mente
che, persa all'indietro,
rivive il passato.

Ritorna il giovanile
ricordo
di umili tempi
e di paterni lavori,
di imprese titaniche
che tali apparivano
ad occhi infantili
colpiti
dalla meraviglia.

Si apre
un orizzonte infinito,
sul margine alto
delle chiome
degli alberi
inondati dal sole,
e anneghi
in un attimo
nelle cose già viste
o perdi te stesso
nelle sensazioni
già vissute.

Ma tutto ritorna
reale
e in un veloce
respiro
riprendi un cammino
che, mentre il sole
tramonta,
diventa più breve

 

Le divergenze celesti

Sesto San Giovanni - Sabato 5 ottobre 2019 ore 16.00 LE DIVERGENZE CELESTI Arte e poesia Biblioteca “Pietro Lincoln Cadioli” Sala Affreschi - Villa Visconti d'Aragona - via Dante 6 - MM1 Sesto Rondò Il pittore e scultore Gianfranco De Palos, che vanta anche una formazione musicale e interessi attivi nel campo della poesia, presenterà sabato 5 ottobre alle ore 16 nella sala degli affreschi di Villa Visconti d'Aragona la cartella di serigrafie “Le divergenze celesti”. Realizzata nel 1972 dalle Edizioni “Laboratorio delle Arti” in una tiratura di 100 copie, la cartella raccoglie opere serigrafiche del pittore oltre a testi poetici concessi da grandi poeti italiani e riprodotti in grande formato. Il critico letterario Marika Mitta Lindo illustrerà le opere grafiche, mentre alcuni poeti contemporanei, oltre all'attrice sestese Itala Cosmo, sono stati chiamati a leggere le opere contenute nella cartella. Alessandra Paganardi leggerà quindi Giuliano Gramigna, Alessandro Magherini leggerà Attilio Bertolucci, Gabriella Colletti leggerà Maurizio Cucchi, Fabrizio Bregoli leggerà Domenico Cara e Itala Cosmo leggerà Edoardo Sanguineti. Dal testo critico di Mitta Lindo: Le grafie di De Palos sono nette, nitide, sembrano rispondere a una dialettica misterica, che percorre il simbolismo delle geometrie sacre. Il segno non sfugge alla polisemia del simbolo, sembra uscire dalla Scuola Pitagorica e percorrere spazi di millenni di evoluzione umana e artistica per affacciarsi ai nostri sguardi di oggi. Tra il fruitore e l'opera serigrafica si stabilisce un colloquio che proietta nei chimerici flussi dell'inconscio ed è quindi possibile lo spazio improvviso e vivificante della rivelazione. Le voci dei poeti nelle gigantografie dei testi proposti sono rimando unitivo e al contempo dissonante, attraverso immagini, analogie, ossimori che si stendono su di un altro telaio-tramatura, quello della memoria del poeta. De Palos è di origini romane ma risiede a Sesto San Giovanni fin dall'inizio degli anni '70; ha realizzato mostre in molte città italiane ed estere e sue opere sono depositate in musei di varie città italiane oltre che in Olanda, a Malta e nella Città del Vaticano.

Leggere le donne tra arte e poesia - Mirella Tribioli

L'8 marzo, è la ricorrenza della “Giornata internazionale della donna”, essa vuole ricordare la distinzione di genere, non paritaria, che ancora le donne, subiscono in tante parti del mondo, nonché le conquiste sociali, politiche ed economiche che sono addivenute tramite le loro lotte, nei corsi dei tanti anni e, particolarmente nel XX secolo, nella rivendicazione dei diritti politici quali il suffragio universale. Promotrice, sostenitrice del “diritto di voto” fu, nel 1907, la marxista tedesca Rosa Luxemburg. Va ricordato che le rivendicazioni presero animo dai partiti socialisti e comunisti. Questo riconoscimento della giornata per la donna fu ufficializzato dapprima negli Stati Uniti nel 1909, a seguire in alcuni Paesi europei nel 1911 e in Italia nel 1922. La celebrazione della giornata, invece, è avvenuta nel tempo, nei vari Paesi, con date diverse: alla fine di febbraio negli Stati Uniti, intorno alla metà di marzo in alcuni Paesi europei, a maggio in Svezia e comunque sempre in concomitanza di altre ricorrenze. Come conferma di tante lotte, l’ONU nel 1975 proclamò “L’Anno internazionale delle donne”, ribadito nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1977. L’8 marzo fu scelta come data ufficiale. Data che vuole ricordare la tragedia del 1908 della fabbrica di Cotton di New York, in verità confusa con il reale dramma dell’incendio della fabbrica di Triangle, dove morirono 146 lavoratori di cui 123 donne, immigrate italiane ed ebraiche, e 23 uomini. La mimosa, fiore che esplode nella fioritura tra febbraio e marzo, è diventato il simbolo italiano di questa giornata, soprattutto perché già adoperato l’8 marzo 1946, primo anno dalla fine della seconda guerra mondiale. Ecco, è perché siamo prossimi a questa data che onora le donne, che mi è venuta idea di parlare di Vittoria Colonna, perché è colei che ha saputo far parlare della sua virtù e, prima fra le donne del Rinascimento, della sua arte poetica, portando l’attenzione sulla scrittura al femminile, cosa che fino ad allora era impensabile. Infatti dopo Saffo c’era stato il nulla, solo tanti anni di silenzio. E’ proprio con Vittoria Colonna insieme ad altre poetesse del suo tempo come Veronica Gambara, Gaspara Stampa ecc., che abbiamo nella letteratura l’affermazione di donne. Il tema del petrarchismo promosso dal Bembo ed allora in voga, era adatto alla loro sensibilità amorosa e possiamo dire che il petrarchismo, particolarmente, fu fatto proprio dalle poetesse e che il ‘500 sia sostanzialmente il secolo delle poetesse. Ce ne furono tantissime, più di quante ne avesse conosciuto fino allora la storia della letteratura, anche internazionale, infatti come codice di comunicazione raffinato fu fenomeno spagnolo, portoghese, francese, inglese, ma anche adatto a chi ambiva ad una certa elevazione. Donne che, però, per guadagnare la dignità dovevano comunque attenere al modello spirituale e letterario della cultura maschile, appunto a quel petrarchismo, che sviluppò sul finire del ‘300, nel ‘400 e soprattutto nel ‘500 e che prese a modello “Il Canzoniere” del Petrarca nei temi di amore, felicità, tormento, solitudine e morte; nelle immagini; nelle figure stilistiche; nella lirica nutrita di retorica classica, ma filtrata da una poesia provenzale. In che cosa consisteva questo petrarchismo? Secondo lo scrittore del tempo, Pietro Bembo, i caratteri potevano essere individuati nell’amore platonico e nella contemplazione della bellezza ideale, in quanto Il vero amore deve tendere alla perfezione, perché solo dall’amore divino arriva la felicità. Importante è, quindi, la ricerca della bellezza per la creazione della poesia e imitare la lingua del Petrarca che è il modello per la poesia stessa. L’ opera petrarchesca non venne, però in nessun modo, uguagliata da nessuno scrittore. I poeti particolarmente del ‘500, infatti, si attestarono per lo più in componimenti di mero esercizio o di interpretazione della propria persona. Tra i petrarchisti ricordiamo anche il grande Michelangelo Buonarroti, che confluì nella sua poesia tutto il suo forte “ego”. Questo modello di poesia fu, dunque, più congeniale alle donne e ne accrebbe l’importanza sociale, senza dimenticare, però, che il ritratto della donna di questo secolo è quello di una creatura sì gentile, ma che doveva stare al suo posto, perché comunque inferiore, capace in rari casi (perché lo studio non era per tutti, ma solo per qualcuna di nascita nobilissima, ad esempio Lucrezia Borgia) di letteratura, pittura, musica da condividere, controllata, nel salotto di casa. Donne che vivevano nella lirica d’amore del secolo, nei sonetti petrarcheschi, appunto, l’amore platonico. Creature idealizzate, non vere, non diverse dalle dame dei trovatori di Provenza di quattro secoli prima. (Anche se rispetto al fare della poesia predominante, va ricordato che già allora qualche letterato, come Cielo D’Alcamo della Scuola siciliana o a seguire Cecco Angiolieri della poesia comico realistica toscana e lo stesso Boccaccio, si attardavano a descrivere una donna più reale) Per queste donne del Rinascimento, poco era cambiato, non c’erano stati progressi rispetto ai secoli precedenti, relegate come erano ai padri ed ai mariti, escluse dal mondo. Si era spose o cortigiane. Cortigiane nel senso più riprovevole della parola. Significativo, a proposito il dire di uno scrittore del tempo Baldassare Castiglione ne “Il Cortegiano”, la sua opera più famosa, che nel delineare questa figura rende il cortigiano “nobiluomo”. Declinato al femminile la cortigiana era, invece, la prostituta. Poiché il petrarchismo era vissuto dalle poetesse e dalle cortigiane, è bene spiegare, però, che per termine cortigiana, in questo caso, fosse da intendere solamente l’accezione di “dama di corte colta”, senza riferimento in nessun modo ad alcuna ambiguità di natura sessuale, confermata dalla vita specchiata di alta morale delle stesse, in quello che era il dettame dello spirito petrarchista, ispiratore del loro sentire, della loro arte. Vittoria Colonna, la virtuosissima, figura alta e viva del Rinascimento, era sicuramente annoverata tra le poetesse, tra le spose. Nacque nel castello feudale di Marino, sui meravigliosi Colli Albani nel 1490 o come da nuovi studi nel 1492, da Fabrizio Colonna signore di Paliano e gran conestabile (alto dignitario di corte) di Napoli e da Agnese di Montefeltro, figlia del duca d’Urbino e d’una Sforza di Pesaro. La sua prima età fu poco serena in quanto il dominio della sua casata era contrastato dalla tracotanza dei Borgia. Suo padre Fabrizio si era distinto con Carlo VIII nella conquista del regno di Napoli, ma non avendo avuto adeguato riconoscimento per la sua impresa, era passato agli Aragonesi, di conseguenza, per cercare protezione, si era alleato con la famiglia d’Avalos, sostenitrice degli Spagnoli. Per meglio sugellare questo patto di alleanza, le famiglie si erano accordate, tra l’altro, per il matrimonio dei loro figlioli, è così che a soli sette anni, Vittoria fu promessa sposa a Ferdinando Francesco, detto Ferrante, d’Avalos, marchese di Pescara. Nel 1501 le terre dei Colonna furono saccheggiate dai Francesi e il papa AlessandroVI Borgia, nel suo patto filofrancese, confiscò i loro beni. La famiglia Colonna si spostò, quindi, ad Ischia presso i d’Avalos, dove rimase ospite per lungo tempo, anche perché nel frattempo la diciannovenne Vittoria con fastosissime nozze, celebrate nel 1509 nel Castello aragonese di Ischia, era diventata sposa di Ferrante: bella nell’incarnato di un viso adornato da chiome dai riflessi dorati, trapunti di fiori leggeri (come testimonia un dipinto di Michelangelo), affascinante nel suo vestito di broccato bianco con rami d’oro, adornata di un mantello azzurro. Bellezza che fu recitata da diversi poeti come Ludovico Ariosto, che nell’Orlando Furioso in riferimento al suo nome l’acclama “nata fra le vittorie”, alla stregua delle donne più importanti della mitologia. Anche Bernardo Tasso, padre di Torquato la sentì musa e così i suoi amici poeti umanisti, che in stile petrarchesco scrissero per lei poesie pervase di nostalgia e spiritualismo. I due giovani, in realtà erano entrambi colti e di rara bellezza e al di là del matrimonio combinato, si innamorarono e con autentico amore avviarono una felice vita matrimoniale che fu interrotta, però ben presto, dalle aspirazioni militari di Ferrante. Nel frattempo Papa Giulio II aveva promosso una lega antifrancese per quella che era la guerra che opponeva Ferdinando il Cattolico al re di Francia Luigi XII, a cui aveva aderito anche il re di Napoli. Insieme al suocero Fabrizio Colonna, uomo d’armi di spessore, celebrato anche da Machiavelli nei suoi “Dialoghi sull’arte della guerra”, Ferrante prese decisione di partecipare alla guerra della lega, esponendosi in diverse battaglie contro i Francesi stessi, tanto che in una, nel 1512, furono fatti prigionieri. Fu per questa occasione che Vittoria compose uno dei suoi primi scritti poetici “L’epistola” in versi, che bella nel suo tema di lontananza, lamenta con squisitezza di scrittura, il dolore per il distacco del proprio amato. Fu questo il tempo in cui Vittoria, limò il suo carattere morale e la sua cultura, supportata dalla presenza colta di Costanza d’Avalos, duchessa di Francavilla (per alcuni studiosi l’ispiratrice della Gioconda di Leonardo), che a sua volta amava circondarsi di letterati umanistici. Per sostenere la fama valorosa del marito, frequentò la mondanità della corte aragonese e gli ambienti di cultura di Napoli e Ischia, conoscendo molte personalità come Sannazaro ecc. Profondamente religiosa e ricca di virtù morali, già alla morte di suo marito nel 1525, causata dalle infermità seguite ai combattimenti, espresse forte volontà di ritirarsi in convento a Roma, dove pure fece qualche esperienza, peregrinando successivamente dall’uno all’altro monastero, contrastata nel prendere il velo dal papa Clemente VII e da suo fratello Ascanio, che la convinse a ritornare a Marino, anche per sanare i cattivi rapporti tra la Chiesa ed i Colonna stessi, cosa che non fece comunque recedere Clemente VII dall’abbattimento del castello marinese. Vittoria, passando per Napoli ritornò allora al caro rifugio di Ischia, dove rimase quasi ininterrottamente fino al 1536. Qui nel suo spirito di fede e carità accolse le tante sventurate vittime del sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi del 1527. Diede il suo contributo per salvare lo stesso papa, che per riconoscimento gli diede in dono il feudo di Pescocostanzo, che da quel tempo, per il suo apporto culturale, migliorò tantissimo il suo aspetto urbanistico secondo il canone rinascimentale, di cui ancora oggi gode testimonianza. Per le sue qualità morali e la sua cultura, Vittoria fu stimata da imperatori e papi, le fu amico il cardinale Bembo. Paolo III Farnese, papa dal 1534, tenne in considerazione i suoi consigli per la Chiesa e perfino per la nomina dei porporati. Donna intelligente partecipò ai dibattiti teologici del tempo (1538/1540), era questo un momento travagliato per le incipienti teorie luterane, che porteranno a seguire alla Riforma e alla Controriforma. Aperta al dialogo luterano, si avvicinò ai porporati progressisti che caldeggiavano lo spirito primitivo del Vangelo, anche per evitare uno scisma. Questa sua scelta la rese invisa ad alcuni che la considerarono eretica, condizione che compromise la sua sepoltura, con la scomparsa delle sue spoglie mortali. A Roma, conobbe, Michelangelo (1538) che si legò a lei di grande amicizia e con il quale tenne un continuo carteggio, espressione delle loro travagliate vite. Si racconta che questa relazione amicale riuscì, addirittura, a mitigare il carattere dell’artista. Nella scia di quello che era il platonismo amoroso ascetico verso Dio, canone prettamente petrarchista, il tanto discusso amore tra Michelangelo e Vittoria non fu, dunque, altro che quello di due anime gemelle bramose di bellezza spirituale e nel suo significato morale il provvidenziale incontro di Dante con la sua Beatrice. Vittoria morì nel 1547 confortata dalla presenza del suo amico, che attonito le tenne le mani sino al momento estremo. Il pittore la onorò con alcune sue opere, oltre al ritratto già citato, ricordiamo una Pietà e la Crocifissione: disegni molto espressivi, a gessetto su carta. Vittoria Colonna raffinata poetessa, fu sicuramente tra i petrarchisti, quella più degna di nota, tanto che è della critica l’appellativo “la Petrarca al femminile”. I temi le sono pertinenti, tutti: il dissidio interiore, l’amore che procura la felicità ed il tormento, le emozioni devastanti che portano al malessere fisico, il senso attanagliante di solitudine, l’amore che brama la morte, per porre fine alla sofferenza ecc. La sua produzione poetica può essere divisa in tre periodi, nel primo datato prima del 1538, troviamo rime amorose e rime spirituali; tra il 1538/1540 ancor di più rime denuncianti il sofferto problema religioso e tra il 1540/1547 il tema religioso stesso diventa più dominante, il motivo primario di riflessione della sua lirica. Le rime amorose sono la dichiarazione di tutta la sua sofferenza nel sentimento di solitudine per la lontananza dell’amato in guerra, nel desolante abbandono al dolore, per l’ingrata sorte avuta, la prematura funesta morte del marito. Passano gli anni di vedovanza, ma non cessa il pianto per la morte del suo amato bene. Le rime sono la testimonianza ancora della sua costanza di amore e fedeltà e o che si trovi nella sua dimora o in convento, non cambia lo sfogo di scrivere “del bel sole perduto”. Giovane e bella come era, nei suoi trentacinque anni, aveva molti pretendenti, graditi per ragioni politiche ai suoi fratelli, ma il suo diniego era netto, solita nel dire che “Il suo sole dagli altri reputato morto, per lei era ancora vivo”. La sua raccolta poetica è il primo Canzoniere femminile (1538) e inevitabilmente diviene riferimento per le scrittrici del tempo. Ad imitatio del Canzoniere petrarchesco suddivide l’opera in due parti, In vita ed in morte dell’amato, usando una fedeltà al modello sino a comporre “i centoni”, l’utilizzo dei versi altrui. Del Petrarca respira anche le descrizioni del creato e della natura. Quella natura che è la cornice dei vari posti in cui dimora, testimoniata nei diversi componimenti dove il riferimento del verde fiume e dell’azzurro mare, diventa simbiotico dei suoi sentimenti di amore, solitudine, di nobiltà d’animo. Intrigante è la figura a tutto tondo di Vittoria Colonna. Belle le sue poesie dallo stile uniforme ed armonioso, dai sentimenti di amore vero, che si posano sul cuore. A quale strazio la mia vita adduce Amor, che oscuro il chiaro sol mi rende, e nel mio petto al suo apparire accende maggior disio della mia vaga luce Tutto il bel che natura a noi produce, che tanto aggrada a chi men vede e intende, più di pace mi toglie, e sì m'offende, ch' a più caldi sospir mi riconduce. Se verde prato e se fior vari miro, priva d'ogni sp'eranza trema l'alma: ché rinverde' Il pensier del suo bel frutto che morte svelse. A lui la grave salma tolse un dolce e brevissimo sospiro, e a me lasciò l'amaro eterno lutto. Mirella Tribioli

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"60° Anniversario Premio Nazionale Frascati"


Il 16 febbraio 2019 si è celebrato il 60° anniversario del Premio Nazionale Frascati Poesia, gia Premio Botte di Frascati presso la Sala degli Specchi nella Casa Comunale di Frascati. Un'occasione straordinaria che ha consentito di ripercorrere sessata anni di storia e di cultura che hanno visto partecipare alle varie sessioni personalità illustri che hanno lasciato in eredità al nostro Paese un patrimonio letterario inestimabile.

"58° Premio Nazionale Frascati Poesia" - Presentazione

Paolo Del Colle è il Vincitore della 58 ma edizione del Premio Nazionale Frascati Poesia Antonio Seccareccia 2018 Frascati: Sabato 1 dicembre, presso l’Auditorium delle Scuderie Aldobrandini, si è svolta la cerimonia di premiazione della 58ma edizione del Premio Nazionale Frascati Poesia Antonio Seccareccia con una sorprendente partecipazione di pubblico. Ad aggiudicarsi il gradino più alto del podio è stato PAOLO DEL COLLE con la raccolta “ Nuda proprietà” Melville editore. Dalla motivazione della giuria: “Paolo Del Colle: Nuda proprietà, Melville Edizioni. Il presente è in Nuda proprietà un altrove che ci ha mutati. Paolo Del Colle si accorge che nella casa che abita, dopo la morte della madre, è costretto a starci da estraneo; cancellando addirittura i ricordi, vivendo come se le stanze fossero ora una «terra santa» che ci ha fatto divenire animali – pure anime”.

L'adorazione dei Magi - Gentile da Fabriano

Presentazione a cura di Arnaldo Colasanti
Letio magistralis dello scrittore, giornalista e critico d'arte Arnaldo Colasanti nella illustrazione iconografica del celebre dipinto di Gentile da Fabriano "L'Adorazione dei Magi" - AUDIO
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Il fondamento valoriale della vita - Relatore il Prof. Renzo Maggiore

Cosa è veramente importante per te? Quali sono le parole che, solo a pronunciarle, ti danno energia? Dietro ogni decisione e azione c’è sempre una ‘filosofia’, più o meno consapevole, un mettere sulla bilancia i valori (personali e sociali) che danno un senso al gioco dei comportamenti. In base all’Etica (ossia la branca della Filosofia che studia i valori) si stabiliscono obiettivi, si investono risorse, si fa politica e, non di rado, si entra in conflitto, soprattutto per l’incapacità di riconoscere le basi valoriali dei comportamenti, il meccanismo interno che innesca le emozioni, nonché la relatività del proprio punto di vista, dipendente dal condizionamento del contesto famigliare e culturale, oltre che dallo sviluppo di una propria percezione del mondo. Dunque, chiedersi quali sono le parole che ci muovono di più non è affatto un passo secondario perché ci aiuta a conoscerci più a fondo e a comprendere i processi della comunicazione.La rivoluzione psicologica e culturale parte dalla consapevolezza che gli stati d’animo sono una nostra responsabilità. La consapevolezza sui processi mentali e sociali porta ad una presa di responsabilità totale, che non fornisce più scuse pei i nostri comportamenti incoerenti, inopportuni, se non addirittura violenti. La violenza, in qualsiasi forma, altro non è se non l’estrema dimostrazione pratica dell’ignoranza, della superficialità di giudizio e dell’assenza di una vera spiritualità. Solo attraverso il ragionamento e il sentimento di uomini intellettualmente liberi, vi può essere un cambiamento nella gerarchia dei valori e un equilibrato confronto tra ‘filosofie’ che porta a costruire relazioni sane. I pensatori illuminati stimolano e a volte creano nuovi paradigmi che possono portare ad effetti sociali duraturi, il cui segno positivo non è affatto scontato. La ‘filosofia’ di un singolo può diffondersi fino ad innescare macro rivoluzioni; ma la rivoluzione più importante è quella che avviene dentro noi stessi nel momento in cui non troviamo più giustificazioni alla sofferenza ed anzi ammettiamo di essere i principali responsabili della nostra condizione. La Carta di Valori è un bussola che facilita scelte e relazioni. Il valori altro non sono che enormi contenitori di significato, che vanno necessariamente indagati (dentro e fuori di sé) se l’intento è quello di comprendersi davvero e di condividere obiettivi motivanti. Vi sono alcuni valori definiti proprio “contenitore” perché altro non sono che spazi in cui i veri valori caratterizzano le dinamiche di comportamento del sistema: ad esempio in Famiglia ciò che conta è l’atteggiamento e la ‘filosofia’ di ciascun membro e del gruppo nel suo insieme, che porta a specifici comportamenti; siccome il valore “famiglia” in sé non garantisce alcun allineamento, occorre dichiarare quali sono i valori che la Persona porta nel sistema e condividere una linea comune che rispetti il punto di vista dei componenti il gruppo. Vanno specificati e condivisi i significati che ciascuno attribuisce ai suoi valori e infine i comportamenti attesi in coerenza con le ‘promesse’ di ciascuno. Una persona o un ente ‘di qualità’ mantiene nei fatti le promesse scritte o dette a parole. A questo punto, ogni componente remerà nella stessa direzione e diminuiranno sensibilmente incomprensioni ed equivoci; migliorerà altresì la comunicazione intra e inter personale. Altri valori “contenitore” sono ad esempio la “Professionalità” (ogni organizzazione, oltre al saper fare un lavoro, chiede di rispettare certi valori) e l’Imprenditorialità (come si conduce la propria impresa). I valori ‘veicolanti’ sono invece strumenti per realizzare ciò che i veri valori richiedono (un esempio tipico di valore veicolante è il denaro). Dai valori fondanti nascono gli obiettivi che motivano ad agire a raggiungere il successo. Appare paradossale come certi uomini non si rendano conto che il loro ‘stile di vita’ poggia proprio sulle forme di pensiero imperanti, sul sapere appreso e diffuso, sugli schemi di ragionamento e di abitudine comuni. Ogni scelta, a livello personale, famigliare e politico deriva dall’impostazione filosofica di fondo, più o meno presente alla coscienza di individui e gruppi. Questa filosofia, che diventa motore di azioni e reazioni, si basa sui valori, le credenze e le convinzioni riguardo ciò che davvero è importante per il sistema. Prima di agire or dunque, sarebbe opportuno conoscere a monte la piattaforma di riferimento… Gli scopi principali di un ente, così come quelli di un individuo, devono contenere chiari valori legati ad un profondo sentire: lo scopo principale di un sistema, la cosiddetta Missione, è il contributo originale che si vuol offrire al mondo, il modo in cui s’intende raggiungere la Visione, ossia la sfida da vincere per una trasformazione futura congruente alla Missione e al proprio Essere. Nel rapporto interno tra Valori e percezione dei comportamenti sta la causa delle emozioni. Conoscere se stessi significa scoprire le proprie vocazioni e inclinazioni, un modo d’essere naturalmente originale, ma anche essere coscienti delle dinamiche che caratterizzano i processi mentali: gli stati d’animo e le emozioni sono risultati di strategie di pensiero, riflessi sul corpo di attività psichiche, manifestazioni materiali di una forma pensiero spesso agente a livello inconscio. I valori conducono i nostri giudizi sulla realtà: più in alto sta un valore nella mia piramide etica, più forte sarà l’intensità emozionale collegata (nel bene e nel male). Onde evitare inutili sofferenze, è opportuno riconoscere in tempo questi processi, dare un nome agli stessi e ritornare al focus sul respiro e sulla verità dell’emozione, che rappresenta sempre un segnale d’azione: c’è qualcosa da fare, da cambiare, un errore di valutazione cui rimediare… Il benessere supremo si ottiene con un approccio Zen all’esistenza, con la piena consapevolezza che, vivendo completamente nel momento presente, si scioglie ogni legame al tempo passato e futuro, si comprende che la sofferenza è indotta dall’attività mentale e che si può vivere in modo sciolto e naturale nella spontaneità dell’attimo. L’analisi del sé e della propria mente lascia il campo alla Sintesi dell’Essere, alla Presenza nel Qui e Ora, nell’unico momento che può davvero chiamarsi VITA. Riferimenti bibliografici “Saper essere. La competenza umana fondamentale”, R.Maggiore, Chiado, Roma 2017 “Pillole di pace interiore”, Ren Zen, Armando Curcio, Roma 2017 “Vivendo Zen”, Ren Zen, Armando Curcio, Roma 2017 “Il piccolo libro del maestro”, Armando Curcio, Roma 2018 Sito ufficiale www.renzen.it
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Il Canto del Sole - Valter Casagrande

IL CULTO DEL SOLE E GLI ALBORI DELLE ILLUSIONI -  IL CANTO DEL SOLE

Il tuo sguardo, il tuo luminoso sorriso, il tuo caldo abbraccio, aprono tutte le porte alla vita, rischiarano gli orizzonti più cupi ridando colore alle assenze e voce alle essenze. Tu che osservi dall'alto il tuo frutto rimani con noi sena dubbi, senza una pausa voluta o un'esitazione impensata e tutto sarà, come sempre, soltanto certezza

Dall’alba della storia l’umanità ha fondato, sul potere creativo del sole, le sue culture, le sue credenze e le sue espressioni artistiche, dall’architettura alla letteratura, dalla filosofia alla religione, allo sport, al folklore, alla danza e alla musica. Variamente denominato, il sole era visto dalle culture antiche come il cuore di tutti i fenomeni, il simbolo della Verità, l’occhio della giustizia e dell’eguaglianza, la fonte della saggezza e della compassione, il guaritore delle malattie fisiche e spirituali e, soprattutto, la sorgente prima della vita, della fecondità, della crescita e dell’abbondanza. I nostri antenati associarono istintivamente il sole alla natura, invocandolo nelle feste agricole e nei riti della fertilità, mentre i grandi re e i conquistatori si identificarono con l’astro del giorno per assicurarsi la lealtà dei sudditi. La cultura del sole è dunque da sempre profondamente radicata nella vita di tutti i giorni. A partire dal 10.000 a.c. la storia è piena di graffiti o scritture che rappresentano il rispetto e l’adorazione verso il Sole. Per gli antichi il Sole doveva sembrare la prova tangibile dell'esistenza di una divinità, anzi il Sole doveva sembrare una divinità stessa, posta in lontananza, che guardava gli uomini dall'alto, non poteva essere guardato direttamente ed era visibilmente qualcosa di superiore e potente. Ogni giorno il Sole sorge, porta luce e calore salvando l’uomo dal freddo, dall’oscurità e dai predatori notturni nel buio della notte, regalando cioè la vita. Tutto questo per millenni ha reso il Sole l’oggetto più adorato di tutti i tempi. Nasce l'eliolatria..

GLI DEI DEL SOLE: UNA STORIA COMUNE

Horus è il Dio Sole dell’Egitto, risalente all’anno 3000 avanti Cristo. È la divinità del sole antropomorfa più importante, e la sua vita è una serie di mitologie allegoriche del movimento del Sole nel cielo. Horus è nato il 25 dicembre dalla vergine Isis-Meri, la sua nascita è stata accompagnata da una stella dell’est che i re seguirono per trovare il neonato salvatore e portagli dei doni. All'età di 12 anni era un prodigo insegnante adolescente, all’età di trenta anni egli fu battezzato da Anup e da quel momento iniziò il suo ministero. Horus aveva 12 discepoli che viaggiavano con lui mentre compiva miracoli come la guarigione dei malati e il camminare sulle acque. Ad Horus venivano attribuiti nomi simbolici come "La verità", "La luce", "Il figlio eletto di Dio", "Il buon pastore", "L'Agnello di Dio" e molti altri. Dopo essere stato tradito da Typhon, Horus venne crocifisso, sepolto per tre giorni, dopodiché è risorto. Questa stessa struttura mitologica è stata ripresa da molte altre divinità successive. Mitra della Persia, 1400 a.c., è nato da una Vergine il 25 dicembre in una grotta, veniva chiamato "Il Salvatore", "Il Redentore", "Il Messia", "la via e la verità", ed il altri modi. Egli aveva 12 discepoli e compiva miracoli, la sua religione comprendeva il rito dell'Eucarestia, della benedizione e del battesimo. Dopo la sua morte venne sepolto per 3 giorni dopodiché è risorto. Il giorno sacro per il culto di Mitra era la domenica detto anche "Giorno del Signore", e la sua resurrezione veniva celebrata ogni anno nel giorno di Pasqua. Krishna dell'India, 1200 a.c., è nato da una vergine il 25 dicembre in una grotta con una stella dell’est che segnalava il suo arrivo, alla sua nascita ha ricevuto la visita di tre uomini saggi che gli hanno portato in dono delle spezie, è sopravvissuto ad un infanticidio da parte di un re, ha compiuto miracoli con i suoi discepoli e si è anche trasfigurato, fu crocifisso (alla sua morte il Sole si oscurò) e poi è risorto dopo tre giorni. Krishna ritornerà sulla terra per giudicare i morti. Attis della Frigia, 200 a.c., è nato da una vergine il 25 Dicembre, veniva chiamato "La Verità", "La Luce" ed in molti altri modi, fu crocifisso, sepolto e poi risorto dopo tre giorni. Per farla breve, ci sono dozzine di dei nati il 25 dicembre, per lo più da una vergine, che hanno effettuato miracoli, sono morti su croci/alberi/oggetti fatti di legno, poi sono risorti, e presentano tra loro delle somiglianze impressionanti. La domanda sorge spontanea: perché queste caratteristiche?

LE CARATTERISTICHE COMUNI DELLE DIVINITÀ DEL SOLE C’è un fenomeno molto interessante che si verifica nei giorni tra il solstizio d’inverno e il 25 dicembre: dal solstizio d’estate (Giugno) al solstizio d’inverno (21 dicembre) i giorni diventano sempre più corti e freddi e, dalla prospettiva del nostro emisfero, ovvero quello nord, il Sole appare muoversi verso sud e diventare più piccolo e debole, e quindi il Sole sembra quasi "morire". Il 22 dicembre la “morte” del Sole si realizza completamente quando cioè raggiunge il punto più basso nel cielo. La cosa particolare è questa: dal punto di vista visivo, il Sole smette di muoversi verso sud per 3 giorni. Durante questo periodo, il Sole rimane in prossimità della Croce del Sud (la costellazione di Crux), e dopo questo periodo di tre giorni, il Sole ricomincia a muoversi questa volta verso nord facendo presagire giorni più lunghi, più calore e primavera. Il Sole è, quindi, morto sulla croce. Muore per 3 giorni per poi risorgere e nascere di nuovo: da qui l'idea che è comune a tante divinità del Sole come Gesù. I popoli antichi vivevano con grande paura questo periodo e spesso trascorrevano questi tre giorni accendendo falò come per aiutare il sole a riprendere il suo cammino, a rinascere proprio come un sole " invincibile", come il "sol invictus". Il 25 Dicembre era quindi considerato " Il natale del sole

Sol invictus

Arriva il giorno più breve, più cupo, più buio e la notte non lascia speranze di un’evoluzione, di un ciclo vitale che torni a rianimare immagini spente e sbiadite. Il gelo dell’abbandono prevale su tutto, sul poco che resta ancora visibile ad occhi cerchiati di ghiaccio, alle pupille che strette scrutano il buio in una ricerca convulsa, strozzata nel fiato. Ti cercano, sole invincibile, e spiano ogni tuo movimento, ogni avanzata che riconquisti gli spazi perduti e restituisca il motivo di credere, ancora una volta, alla vita. E allora arriva la festa, antica come la terra calpestata dai padri, pagana come la linfa che sgorga dalle radici più lunghe, liberatoria come l’acqua di un fiume gelato che torna a scorrere verso le verdi vallate.

I PLAGI NELLE STORIE DELLE RELIGIONI

Tra le tantissime divinità che possiamo considerare come derivazioni dirette dell'elioiatria, ne esaminiamo due che sono quelle a noi più vicine perchè antecedenti e direttamente legate alla religione giudaico-cristiana. HORUS Il" personaggio" di Gesù, così come ci viene raccontato, è un ibrido letterario-astrologico, e più esplicitamente un plagio della figura del Dio Sole egiziano Horus. Dai geroglifici dei tempi egizi si vedono le immagini dell'Annunciazione, dell'Immacolata Concezione, della nascita e dell'adorazione di Horus Le correlazioni sono eclatanti: - Horus era nato dalla vergine Isis-Meri il 25 Dicembre in una grotta/mangiatoia con la sua nascita annunciata da una stella all’Est e con la presenza di tre saggi; Gesù era nato dalla vergine Maria il 25 Dicembre in una grotta/mangiatoia con la sua nascita annunciata da una stella all’Est e con la presenza di tre saggi. - Horus era la luce del mondo; Gesù era la luce del mondo. - Horus ha detto di essere la verità e la vita; Gesù ha detto di essere il cammino, la verità e la vita. - Horus era il buon pastore, l'Agnello di Dio, il figlio dell'uomo, il redentore; Gesù era il buon pastore, l'Agnello di Dio, il figlio dell'uomo, il redentore. - Horus era “il Pescatore” ed era associato col Pesce (“Ichthys”), l’Agnello ed il Leone; Gesù era “il Pescatore” ed era associato col Pesce, l’Agnello ed il Leone. - Horus era considerato il Salvatore dell'umanità, il dio-uomo, l'unto; Gesù era considerato il Salvatore dell'umanità, il dio-uomo, l'unto. - Horus è nato a Annu, il "posto del pane"; Gesu è nato a Bethleem, la "casa del pane". - Horus è identificato da una croce; Gesù è identificato da una croce. - Horus era figlio di una vergine, chiamata Isis o Mari, raffigurata spesso che porta in braccio Horus bambino; Gesù era il figlio di una vergine, chiamata Maria, raffigurata spesso che porta in braccio Gesù bambino. - Horus aveva un padre putativo chiamato Sab (Joseph), cioè Giuseppe; Gesù aveva un padre putativo chiamato Giuseppe. - Horus ebbe la sua nascita annunciata dagli angeli ai pastori; Gesù ebbe la sua nascita annunciata dagli angeli ai pastori. - Horus durante l'infanzia rischiò di morire perché Herut tentò di farlo uccidere, ma si salvò grazie all'avvertimento di Dio ai suoi genitori; Gesù durante l'infanzia rischiò di morire perché Erode tentò di farlo uccidere , ma si salvò grazie all'avvertimento di Dio ai suoi genitori. - Horus era il bambino che insegnava nel tempio; Gesù era il bambino che insegnava nel tempio. - Horus fece il rituale di passaggio all'età adulta a 12 anni; Gesù fece il rituale di passaggio all'età adulta a 12 anni. - Horus non lascia alcuna traccia scritta della sua vita tra i 12 ed i 30 anni; Gesù non lascia alcuna traccia scritta della sua vita tra i 12 ed i 30 anni. - Horus fu battezzato a 30 anni nel fiume Giordano da "Anup il Battista", che poi fu decapitato; Gesù fu battezzato a 30 anni nel fiume Giordano da "Giovanni il Battista", che poi fu decapitato. - Horus aveva 12 discepoli; Gesù aveva 12 discepoli. - Horus era la stella del mattino; Gesù era la stella del mattino. - Horus era il Krst; Gesù era il Cristo. - Horus fu tentato da Set sulla montagna; Gesù fu tentato da Satana sulla montagna. - Horus fece miracoli e guarigioni, esorcizzava i demoni e resuscitò El-Azarus dai morti; Gesù fece miracoli e guarigioni, esorcizzava i demoni e resuscitò Lazzaro dai morti. - Horus camminava sulle acque; Gesù camminava sulle acque. - Horus fu trasfigurato sul Monte; Gesù fu trasfigurato sul Monte. - Horus fu crocefisso tra due ladroni; Gesù fu crocefisso tra due ladroni. - Horus resuscitò dopo tre giorni e la resurrezione fu annunciata da donne; Gesù resuscitò dopo tre giorni e la resurrezione fu annunciata da donne. MITRA Mitra, il dio della Luce celeste, è una personificazione del Sole. Il suo culto, originario della Persia e dell'India, nel III secolo a.C. era già diffuso in Egitto. Quasi contemporaneamente al Cristianesimo, penetrò poi nell'Impero Romano, facendo numerosi proseliti con grande rapidità. Il punto di irraggiamento della religione di Mitra fu la Cilicia, patria di Paolo, dov'era penetrata quasi cent'anni prima di lui. Gli studiosi hanno accertato tutta una serie di corrispondenze fra la sua predicazione e i culti mitraici. Mitra discese dal cielo e si racconta che alla sua nascita fu adorato dai pastori, che gli recarono in dono le primizie dei greggi e dei frutti della terra. In seguito ascese in cielo, venne posto sul trono accanto al dio del Sole, cioè, divenne partecipe della sua onnipotenza, e infine fu parte di una Trinità. Si credeva, inoltre, che un giorno sarebbe tornato a resuscitare e a giudicare i morti. Più in dettaglio, Mitra e' stato partorito da una vergine il 25 Dicembre, fu considerato un grande predicatore itinerante ed un maestro, aveva 12 compagni o discepoli, ha fatto dei miracoli, è stato sepolto in una tomba, dopo tre giorni è risorto e l'evento della sua resurrezione veniva celebrato ogni anno. Mitra era chiamato il pastore di dio, la sua figura fu assimilata a quella del leone e dell'agnello, egli fu considerato come la via, la verità e la luce, il redentore, il salvatore, il messia. Mitra era il demiurgo fra cielo e terra, fra dio e l'umanità: era l'Uomo-dio, il Redentore del mondo e il Salvatore. Il giorno consacrato al dio del Sole era la Domenica, celebrato in modo particolare nel culto di Mitra come primo giorno della settimana, e in seguito definito «il giorno del Signore» dai cristiani, per i quali in origine tutti i giorni della settimana erano egualmente dedicati al Signore (la Domenica fu introdotta da Costantino con una legge del 321). Il giorno della nascita di Mitra, il giorno di nascita del Sole, era il 25 dicembre. La religione di Mitra era seguita da una comunità suddivisa in modo strettamente gerarchico, le cui propaggini si estendevano a tutto l'Impero Romano. Il capo si chiamava Padre dei padri, come il Sommo Sacerdote del culto di Attis . I Sacerdoti portavano spesso il titolo di «Padri» e i fedeli si chiamavano «Fratelli». La stessa struttura organizzativa del Vaticano e' costruita similmente a quella del papato di Mitra. La gerarchia cristiana e' del tutto identica a quella (ben più antica) della precedente versione mitraica. Il culto mitraico conosceva sette sacramenti. Il culto di Mitra possedeva un Battesimo, una Cresima e una Comunione consistente in pane e acqua o in un miscuglio d'acqua e di vino, celebrata, in memoria dell'ultima cena del Maestro coi suoi discepoli; le ostie erano poi contrassegnate da una croce. Tutti gli elementi del rituale cattolico, dall'ostia all'acqua santa, dall'altare alla liturgia sono presi direttamente dalle antiche religioni misteriche pagane, come quella di Mitra. Ai Sacerdoti spettava soprattutto la dispensazione dei Sacramenti e la celebrazione del servizio divino: la messa veniva celebrata quotidianamente, ma la più importante era quella domenicale: l'officiante pronunciava le sacre formule sul pane e sul vino, nei momenti particolarmente solenni si faceva squillare una campanella e in generale risuonavano lunghi canti accompagnati dalla musica. I seguaci di Mitra si richiamavano a una Rivelazione, ponevano un diluvio all'inizio della storia e un giudizio universale alla fine; non solo credevano nell'immortalità dell'anima, ma anche nella resurrezione della carne. Le istanze morali del culto di Mitra, il «Dio Giusto» e il «Dio Santo», non avevano nulla da invidiare a quelle dei cristiani: come i cristiani dovevano imitare il modello del loro padre celeste, allo stesso modo il fedele del vero, giusto e santo Mitra era tenuto a condurre una vita attivamente governata dalla morale. La sua religione, definita da precisi «comandamenti», perseguiva un rigoroso ideale di purezza; la castità e la temperanza erano annoverate fra le virtù più alte, e anche l'ascesi vi svolgeva un ruolo non secondario. Fra il III e il IV secolo la religione mitraica godette del medesimo prestigio del Cristianesimo: allora per numero di adepti e per influenza sembrò sul punto di superare il Cristianesimo, cui fu particolarmente sgradito. Come tutti gli altri culti, anche il Mitraicismo dovette poi soccombere al divieto degli imperatori cattolici: istigati dalla Chiesa, ancora nel IV secolo i suoi fedeli vennero perseguitati dai cristiani, i suoi templi saccheggiati, i suoi sacerdoti assassinati e sepolti nei sacrari rasi al suolo. A parere di molti studiosi la distruzione di questa religione ebbe successo proprio perché i cristiani innalzavano le proprie Chiese sulle rovine degli antichi luoghi di culto; infatti, secondo un'antica credenza, in questo modo la divinità precedente era per così dire resa impotente o addirittura annichilita.

LA VERA STORIA DI GESÙ

Ecco un riassunto delle ricerche storiche dettagliate fatte sulla vera storia di Gesù. Poiché il regno di Davide risultò di breve durata, Dio ne promise un altro imperituro per la cui conquista avrebbe designato un Messia o Cristo (unto dal Signore ) scelto tra i discendenti dello stesso Davide. Una parte degli ebrei, stanchi di aspettare il Messia promesso, decisero che questi fosse già comparso fra di loro. Siamo nel periodo delle Guerre Giudaiche quando il Messia era individuato tra i capi rivoluzionari che combattevano Roma. I suoi seguaci erano gli Esseni dei rotoli rinvenuti recentemente (1947) nelle grotte di Qumran ( mar morto). Questi praticavano il battesimo (Giovanni Battista), la comunione dei beni e vivevano secondo riti monastici sotto la guida dei Nazir o Nazirei (o Nazareni ). Fortemente contrastati dagli occupanti Romani, affrontavano con gioia il patibolo nella certezza di acquisire, come ricompensa dopo la morte, una vita eterna di beatitudine. Sono gli stessi martiri che la Chiesa, cancellando ogni riferimento al loro movimento rivoluzionario e comportamento protocristiano proprio degli Esseni, fece passare come martiri cristiani. Il movimento che portò alla nascita del Cristianesimo ebbe inizio verosimilmente alla fine delle guerre giudaiche con la distruzione di Gerusalemme (70 d.c.) in conseguenza della perdita di fiducia nel metodo rivoluzionario. Prevalse infatti fra gli Esseni la corrente religiosa gnostica che credeva in un Messia essenzialmente spirituale con apparenza umana disceso dal cielo non più come guerriero davidico, ma come Salvatore degli oppressi. Ben presto però la maggior parte degli Esseni, superando le dispute teologiche delle correnti gnostiche, decisero di dargli un corpo incarnato allo stesso modo delle divinità solari delle religioni misteriche e, come già queste (Horus, Mitra, Krishna,..) e allo stesso modo, lo fecero nascere da vergine alla stessa data del 25 dicembre (quando il sole riprende la sua corsa nello zodiaco dopo tre giorni di immobilità apparente seguiti al solstizio), morire in croce, risuscitare da morte nel periodo delle feste pasquali (rinascita primaverile della natura) e salire al cielo il terzo giorno per risiedere alla destra del Dio padre, ecc..ecc. La struttura organizzativa e i rituali, dall'ostia all'acqua santa, della nuova religione che andava diffondendosi verso Roma tra i pagani, restarono, con qualche adattamento, quelli del culto di Mitra che rappresentava all'epoca la religione maggiormente diffusa nella capitale e in tutto l'impero e, come già questa, ebbe i suoi vescovi o papi con in testa la "mitra" o "mitria". Il resto della storia è quello della costruzione dei falsi operata dai "Padri della Chiesa" per nascondere l'origine rivoluzionaria del Cristianesimo e farlo apparire come religione rivelata. CONCLUSIONI: LE ORIGINI DELLE ILLUSIONI L'origine delle religioni è dunque riconducibile all'Eliolatria, cioè l'adorazione del Sole, cui gran parte delle più importanti di esse, cristianesimo compreso, si rifanno in modo evidente. Ma tutto questo riguarda certamente solo la storia delle religioni e non i messaggi che le varie religioni trasmettono che sono il frutto dei tanti fattori storici, culturali e di sviluppo e sono soprattutto molto diversi tra loro. Perchè è certamente unica la storia dell'uomo, la storia dei suoi percorsi e delle sue scoperte, in un tragitto che coinvolge le domande fondamentali che lo accompagnano dall'inizio della ragione, delle capacità comprensive, delle motivazioni dell'essere. E, soprattutto quella ineluttabiltà che, per quanto possa essere accettata, non sarà mai superata. .. ...La morte, la fine di tutto, la temporaneità della vita sono concetti ai quali vanno trovate della risposte, delle soluzioni, delle immagini che ne consentano l'accettazione. Nasce l'illusione....

ILLUSIONE

Illusione, ubriachi la mente di chi coltiva speranze senza ritorno. Affondi amare radici nei cuori più semplici e superficiali. Bruci i sogni in apparenza più belli, ma labili e fuori dagli equilibri vitali.

Dal momento che la morte è inevitabile, qualsiasi tentativo di ignorare o evitare questo fondamentale aspetto connaturato alla vita ci condanna a una visione superficiale dell’esistenza stessa. Una chiara e corretta consapevolezza della natura della morte può farci vivere invece senza paura, con forza, chiarezza di propositi, e gioia. L’universo è un’entità vivente infinita, nella quale si ripetono incessantemente i cicli di vita e morte individuali. Noi stessi sperimentiamo questi cicli ogni giorno: dei circa 60 trilioni di cellule che compongono il nostro corpo, milioni ne muoiono e altrettanti si rinnovano attraverso il processo metabolico. La morte quindi è un aspetto necessario del processo vitale: rende possibile il rinnovamento e una nuova crescita. Dopo la morte, le nostre vite ritornano al vasto oceano della vita, proprio come una singola onda si alza e si abbassa nella vastità del mare. Attraverso la morte, gli elementi fisici del nostro corpo, così come la forza vitale fondamentale che sostiene l’esistenza individuale, ritornano e sono “rigenerati” nell’universo. Idealmente, la morte può essere intesa come un periodo di riposo o un sonno ristoratore che segue gli sforzi e le lotte di tutta la vita. Sicuramente, comunque, la morte è una trasformazione..la trasformazione in qualcosa che noi possiamo solo immaginare, sognare e, forse, rappresentare dandogli tutta la bellezza possibile con la forza del nostro desiderio.....della nostra illusione. Per concludere, e per un'analisi più vicina alle mie convinzioni più radicate, la morte è un opposto che, in una visione dialettica, costituisce elemento indispensabile di un unicum. Il giorno e la notte, il bene e il male, il rumore ed il silenzio, il tutto e il nulla sono aspetti inscindibili della stessa unità che possono esistere solo nella loro coesistenza o, meglio, nella loro alternanza. Se inequivocabilmente la morte esiste perchè esiste la vita è quindi altrettanto vero che la vita esiste perchè esiste... la morte.

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