Il mito eterna ed infinita verità - Valter Casagrande

Il mito: storie affondate nella notte dei tempi. Leggende che parlano di personaggi, divini ed umani, che vivono  oltre tremila anni fa. La mitologia ha governato e influenzato ogni società antica presente su questo pianeta.   Costituiva la più antica espressione culturale del mondo, in ogni mito erano contenute delle verità eterne tramandate oralmente per lunghi secoli, che hanno contribuito a plasmare la coscienza   dell’unità spirituale di qualsiasi popolo. Attraverso i miti, i popoli antichi sono riusciti a codificare e a trasmettere conoscenze sul mondo e sull’uomo, credenze, principi morali, norme di comportamento: insomma, tutto ciò che era ritenuto importante per l’organizzazione, la sopravvivenza e la continuità della comunità.  Vale forse la pena ricordare che cos’è un mito. È una narrazione o una favola che nasconde un altro significato oltre a quello che è ovvio se preso alla lettera.  Il termine stesso è greco e significa “parola”, quindi racconto o storia.   E nella società di oggi che ruolo ha la mitologia?     Per il pensiero “moderno” i miti del passato sembrano primitivi ed estranei ad una società ultra tecnologica,  Che valenza possono mai avere, quindi, vicende che sono così distanti dalle civiltà post-moderne, dalla globalizzazione e dalle ultime generazioni totalmente immerse nelle realtà digitali?    Che senso ha proporre all'attenzione delle persone,  personaggi e rapporti interumani ormai così lontani?     Il mito richiama alla mente, a mio avviso, tre concetti che lo caratterizzano: l'eterno, l'infinito e la verità.

Esploriamoli uno ad uno.

L'Eterno

Ouroboros

Un insieme di strani racconti,

di personaggi esaltati

e dimenticati,

di situazioni impensate,

rielaborate,

di favole perse.

Un mondo

 fatto di antiche lezioni,

di antichi insegnanti,

di vecchi licei,

di banchi di legno,

di libri ingialliti.

Un'immagine opaca

fatta di storie

sentite,

di situazioni

temute

e di tragedie

volute,

un lontano ricordo

che sfuma

nel divenire.

Le vite  divine 

e quelle degli uomini che,

grandi e piccoli,

hanno segnato

un percorso.

Un' antica memoria

che affonda le sue radici

all'inizio del tempo,

all'inizio della scrittura,

all'inizio di tutto.

 

Fondamentalmente l'uomo, nel corso di oltre duemila anni, è cambiato in maniera molto marcata ed anche molto evidente. Ma questo cambiamento riguarda la sua realtà più esterna, più superficiale. Nulla è cambiato nella sua essenza psicologica, nella sua identità più profonda, nella sua socialità individuale, nel suo bisogno di relazionarsi con gli altri. E non è cambiato sostanzialmente nemmeno il modo di proporsi e di cercare il contatto interumano,  di percorrere un cammino di vita, di navigare lungo un percorso sostanzialmente identico nella sua linearità e nella sua ripetitività. Una rotta quotidiana che si sviluppa, come nella dialettica ciclica della vita, con momenti felici e momenti tristi, desideri di fuga e ritorni, paure e coraggio, passato e futuro, nella assoluta consapevolezza della unicità dell’essere umano che si realizza solo nei rapporti con gli altri. E questa dialettica ciclica è sempre la stessa, dal mito al presente, perché sono sempre gli stessi, con insignificanti differenze di tipo esteriore, i rapporti e le vicende umane. Ci si può riconoscere in Apollo, padre ingombrante o in Fetonte, figlio apparentemente scapestrato, in Giocasta, madre assente, o in Antigone, figlia trascurata, in Cincinnato desideroso di pace e silenzio, in Tersite, primo rivoluzionario della storia, o in Filemone e Bauci uniti da un amore che và oltre la morte. Per non parlare poi dei miti di Arianna e Teseo e quello di Andromeda e Perseo che hanno ispirato storie riproposte per centinaia di anni. Nella società attuale, tutta protesa verso la ricerca esasperata del massimo profitto, la magia della vita non ci premia più perché il nostro cuore è aridamente sottoposto alla ragione, e noi neppure ce ne accorgiamo. Raccontando i miti fondativi della cultura occidentale si invita a riscoprire le radici del pensiero e dell’immaginario contemporaneo, rigenerando il gusto per la  narrazione, per la poesia che sono ancora i misconosciuti bisogni fondamentali dell’uomo postmoderno. Parlare oggi di miti, in quest’epoca tanto frenetica quanto scettica, sembrerebbe un discorso assolutamente fuori dal tempo. Eppure c’è qualcosa che deve farci riflettere: Perché la psicanalisi, che viene oggi sentita come una necessità quotidiana, mutua tanti termini dalla mitologia? Narcisismo, complesso di Edipo, solo per fare un paio d’esempi. Forse perché le donne e gli uomini, le dèe e gli dèi di cui si narra nei miti, sono creature eterne, gli stessi esseri umani di ieri e di sempre. E non solo: anche le dinamiche emozionali e comportamentali sono incredibilmente simili. Perché nel lessico quotidiano, ed anche nel parlare comune, non facciamo che esprimere, spesso senza saperlo, parole che provengono direttamente dal mito? Un solo esempio per tutti " piantare in asso" deriva dal mito di Arianna abbandonata da Teseo sull'isola di Nasso (Naxos). Perché  le storie raccontate nel mito sono state riproposte centinaia di volte, nell'arco dei secoli, da molti scrittori, drammaturghi, poeti?                                                                                 

Come non ricordare un esempio lontanissimo: Orfeo, il più famoso poeta e musicista mai esistito, rappresentazione della perfezione di ogni musica, capace d’influenzare l’universo e gli esseri che lo popolano. Vinícius de Moraes, poeta e padre della bossa-nova, ripropone, in chiave moderna, il mito di Orfeo ed Euridice, nella quale il musicista diviene il portavoce dell’identità brasiliana, garantendo un riverbero eterno alla vicenda. Se ci si addentra nella esplorazione introspettiva e si condividono appunto tali aspetti, allora accade che ci si accorga che i miti vanno eterni fra la terra e il cielo, a partire dalla loro scrittura originale e primaria  fino ad ogni loro riproposizione. Eterno è una parola che si adatta moltissimo al mito. E' quindi questo il segreto della sua attualità: l'eternità che lo caratterizza.

L'Infinito

Viaggia il pensiero

nell'infinito

e vede i pianeti,

osserva le stelle

e cerca

ancora più su

figure già viste,

sognate,

raccolte da voci

lontane,

antiche

come l'universo

che le circonda,

finché,

in mezzo agli astri

invisibili,

arriva

la trasformazione.

 

La percezione dell’infinito è un buco della mente dell'uomo. Un' idea talmente illimitata che una capacità, assolutamente limitata come la sua, non sa affrontare.  Un universo talmente  inconcepibile che riempie l'animo di angosce. Per questo l'uomo lo ha sempre riempito con le divinità. Così diventano divini la stessa terra (madre di tutte le cose), il sole, i pianeti più vicini e più visibili, ed infine le stelle, le costellazioni, tutto ciò che la vista poteva raggiungere ma la mente non riusciva a capire. Con tali limiti credo che sia stata perlustrata, e nominata, tutta la via lattea.   E così succede che la trasformazione in stella è spesso un premio per gli uomini, dato dagli Dei.    Un premio per una vita trascorsa in modo così speciale da meritare l'immortalità.    Amori al di sopra del tempo, vite eroiche, fedeltà incrollabili, gesta significative ed esempi per gli altri, sono specificità umane premiate.    Ecco allora una breve descrizione di quelle che più comunemente sono state le origini mitologiche delle stelle, delle costellazioni e degli altri corpi celesti conosciuti nell'antichità a cominciare dal sole, dalla luna e dagli altri pianeti.

Pianeti

Corpi ed oggetti celesti conosciuti in antichità, sono stati protagonisti di leggende mitologiche. Infatti, presso i greci, la maggior parte di essi era stata battezzata con i nomi delle loro divinità, che poi successivamente furono importati ed adattati dai romani alle loro tradizioni e mantenuti sino ai nostri giorni. Il culto dei pianeti risale invece ai babilonesi che si dedicavano allo studio ed alla previsione delle configurazioni planetarie, convinti com'erano che tutto ciò influenzasse il destino dell'uomo.

SOLE Da sempre ritenuto una divinità universale era il dio Elios, dio della luce e del calore, che guidava il suo carro solare lungo il cielo preceduto dalla sorella Eos, l'aurora. Giunto alla sera si riposava e gli veniva dato il cambio dall'altra sorella Selene.

LUNA Regina della notte, collegata alla natura ed al culto dei morti, era anche la dea della fecondità. Per i greci era la dea Selene, sorella di Elios e di Eos, che guidava il carro lunare. I romani invece vedevano in essa la dea della caccia Diana mentre gli egizi la identificavano con Iside.

MERCURIO Rappresenta il dio Ermes, Mercurio per i romani ed i latini, simbolo della velocità e dell'astuzia ed inventore di numerose arti fra le quali l'astronomia, la musica e la ginnastica. Protettore dei viaggiatori e dei mercanti era anche il "messaggero degli dei".

VENERE Pianeta che incarna il mito antichissimo della Gran Madre, dea della fecondità. Veniva anche identificata presso i greci ed i romani come dea della bellezza e dell'amore.

MARTE Impersona l'omonimo dio della guerra, Ares per i greci, padre di Romolo e Remo. Era molto amato dal popolo romano tanto che in suo onore fu chiamato il mese della riapertura delle operazioni militari dopo la sospensione invernale ossia Marzo. Combatteva guidando un carro ed era accompagnato dai figli Deimos, la Paura, e Phoibos, il Terrore.

GIOVE Il re degli dei, e dunque anche dei pianeti, a cui sono riferiti anche i nomi dei suoi satelliti maggiori che ricordano quelli delle sue amanti. Dio della luce manifestava la sua volontà con tuoni e fulmini.

SATURNO Il dio Crono, Saturno per i romani, padre di Zeus che regnò sul mondo spodestando il proprio padre Urano dopo averlo evirato. A sua volta, narra il mito, che venne sconfitto dal proprio figlio e che quindi emigrò nel Lazio dove fondò una civiltà detta "età dell'oro".

URANO   Era il cielo stellato e lo spazio infinito. Figlio e marito di Gaia -Gea ( madre terra) partorito da lei dopo il Caos. Padre di Saturno fu da lui spodestato ed evirato,

Altri oggetti celesti - Costellazioni

ARIETE  Nel mito greco invece rappresentava l'animale a cui il dio Ermes affidò i due figli del re di Tessaglia, Elle e Frisso, affinchè fossero condotti nella Colchide, lontano dalla malvagità della loro matrigna. Durante il viaggio Elle cadde sulla Terra in quella zona che viene oggi denominata Ellesponto (lo stretto dei Dardanelli). Frisso invece, una volta giunto a destinazione, sacrificò l'ariete agli dei conservandone poi la pelle (il vello d'oro) fino a che non fù conquistata da Giasone.

TORO In antichità per i greci raffigurava: uno dei tanti travestimenti con cui Zeus aveva conquistato Europa, la giovane Io, tramutata in toro sempre dal re degli dei affinchè la sua consorte Era non ne scoprisse la relazione con la fanciulla, o il minotauro del mito di Teseo e Arianna

GEMELLI Impersonano secondo i greci i gemelli Castore e Polluce figli di Zeus, detti Dioscuri, nati da una relazione adulterina del dio con la regina di Sparta, Leda. Erano anche i fratelli della famosa Elena di Troia. Danno il nome alle due stelle principali della costellazione e furono molto amati a Roma tanto che i romani eressero un tempio in loro onore e li assimilarono ai leggendari fondatori della città Romolo e Remo.

CANCRO e CAPRICORNO In esse cadevano nell'antichità i solstizi e per questo ancora oggi i Tropici portano i loro nomi. Simboleggiavano, il Cancro, il percorso a ritroso del Sole che dopo aver raggiunto l'altezza maggiore rallenta ed inverte il suo cammino, mentre il Capricorno raffigurava la rinascita del ciclo solare. Per i greci quest'ultimo era anche la capra Amaltea che allattò Zeus da bambino oppure il dio Pan dalle sembianze di capra.

LEONE Impersonava per gli egiziani il dio sole Ra od Osiride, mentre per i greci era il leone ucciso da Ercole. Contiene la stella Regolo che Tolomeo battezzò così, ossia "piccolo re".

VERGINE Il mito della Gran Madre raffigurante Demetra per i greci e Cerere per i romani. Dea della fecondazione tiene in mano il simbolo della vita, la stella Spica, ossia il grano.

BILANCIA Unico segno dello zodiaco che non raffigura un animale. Probabilmente fu creata durante la dominazione romana in Egitto in onore di Giulio Cesare e rappresenta il simbolo dell'equità visto che uno degli equinozi, quello d'autunno, anticamente cadeva in questa costellazione e come sappiamo in quel periodo la durata del giorno è uguale a quella della notte.

SCORPIONE  I greci lo immaginavano come l'animale che Era inviò contro Orione per punirlo della sua vanità.

SAGITTARIO Mezzo uomo e mezzo cavallo era un essere immortale che eccelleva nelle arti, tanto che insegnò ad Esculapio, figlio del dio Apollo, quella della medicina. Fù anche il tutore di Achille, l'eroe di Troia, oltre che di Giasone e di Ercole. Proprio quest'ultimo ne decretò la morte ferendolo per errore con una freccia durante lo scontro con l'Hydra. Chirone, gravemente ferito, supplicò allora Zeus affinchè lo liberasse dalle sofferenze togliendogli il dono dell'immortalità. Il dio accolse le sue richieste portandolo poi eternamente in cielo a ricordo della sua saggezza.

ACQUARIO Rappresenta Ganimede il giovane rapito da Zeus e che somministrava le bevande agli dei. Altre leggende lo immaginano come Zeus stesso che versa l'acqua vitale sulla Terra, dai cui rivoli nascerà il fiume celeste Eridano.

PESCI Incarna i due pesci che salvarono la dea Afrodite dall'annegamento, la quale per premiarli li pose in cielo a ricordo della loro impresa.

ORSA MAGGIORE I greci la identificarono in Callisto, tramutata in orsa da Era perchè gelosa di Zeus che si era innamorato di lei. Il dio la riparò in cielo per salvarla dal figlio Arcade che, durante una battuta di caccia, erroneamente la stava uccidendo sconoscendone la vera identità. Il nome probabilmente deriva dal greco arctos che significa orso, con il quale i greci indicavano le regioni settentrionali, e da cui deriva il nostro artico. Per gli egizi invece era il dio Seth.

ORSA MINORE Per gli Egizi fu il cane del dio Seth, usato dai Fenici che essendo grandi navigatori si orientavano con la punta della sua coda la quale indica il Nord.

ERIDANO Fiume celeste che nella mitologia dei greci portava al mare Oceano. Per gli egiziani era sicuramente la raffigurazione del Nilo.

ORIONE  I greci vedevano in questa costellazione il cacciatore omonimo intento in una battuta di caccia alla Lepre. Questa è infatti raffigurata nell'adiacente costellazione così come i cani di Orione che lo seguono fedelmente. Rappresenta anche il cacciatore che Era volle punire per la sua vanità facendole pungere ed uccidere dallo Scorpione.

CANE MAGGIORE e CANE MINORE Secondo i greci erano i cani che accompagnavano Orione. Dal nome di queste costellazioni deriva il termine canicola con il quale si indica il periodo più caldo dell'anno. Questo perchè nell'antichità la stella Sirio del Cane maggiore indicava con il suo sorgere, al solstizio d'estate, il periodo più caldo dell'anno. Questa stella inoltre raffigurava la dea Sothis-Iside.

LEPRE L'animale oggetto della caccia di Orione che viene raffigurato nella omonima costellazione, la quale secondo i greci fu creata dal dio Ermes per premiare la velocità dell'animale.

AURIGA Era il figlio della dea Atena inventore della quadriga, mentre la sua stella Capella ha volte è stata identificata con Amalthea, la capra che allattò Zeus ancora infante.

CARENA, POPPEA e VELA Fra le poche costellazioni australi conosciute ai popoli del mediterraneo, che inizialmente le raffiguravano tutte assieme nella costellazione della Nave Argo, poi soppressa e smembrata nelle tre attuali. Costruita con il legno sacro agli dei era l'imbarcazione con la quale partirono Giasone e gli Argonauti alla ricerca del vello d'oro.

BIFOLCO Rappresenta Arcade, figlio di Callisto e Zeus, che durante una battuta di caccia stava per errore uccidendo l'orsa sotto le cui sembianze si celava la madre, essendo all'oscuro del fatto che Era, gelosa di Zeus, l'avesse mutata in orsa. La vicenda fu interrotta dal re degli dei che intervenendo immortalò entrambi nel cielo. Viene raffigurato mentre tiene al guinzaglio i due Cani da caccia dell'omonima costellazione.

CHIOMA di BERENICE I greci immaginavano in questa costellazione i capelli di Berenice, moglie del faraone Tolomeo Evergete, che fece voto alla dea Iside di tagliarli se il marito fosse tornato vittorioso dalla guerra in Siria.

CORONA BOREALE Arianna, figlia di Minosse re di Creta, era stata destinata dal padre in sacrificio, in onore di Atena, al minotauro, un mostro mezzo uomo e mezzo toro, che soggiornava in un labirinto del palazzo regale a Cnosso. Qui ella venne liberata da Teseo che la portò con sè abbandonandola poi in un'isola deserta. La giovane venne in seguito soccorsa dal dio Dioniso che per conquistarla le donò appunto una corona.

OFIUCO In antichità per i greci era il Serpentario, una costellazione che comprendeva quelle attuali di Ofiuco e quelle adiacenti dette Testa e Coda di serpente. Rappresentava il dio Esculapio, dio della medicina, che tiene in mano il simbolo di quest'ultima ovvero il serpente.

CORVO Rappresenta l'uccello sacro al dio Apollo. Viene raffigurato nell'intento di beccare l'Hydra nei pressi del Cratere, altra costellazione, che rappresenta il recipiente che il dio consegnò all'uccello perchè gli fosse riempito d'acqua. Il volatile infatti, attardatosi nell'adempiere il suo compito, si giustificò al ritorno con l'essere stato attaccato dall'Hydra, cosicchè il dio per punirli li scagliò in cielo tutti e due.

AQUILA Per i greci era l'uccello sacro a Zeus che rapì Ganimede, il quale divenne poi il coppiere degli dei.

DELFINO I miti greci lo immaginano come l'animale che aiutò Arione, un poeta greco che era stato inviato in Italia dal suo sovrano, il re di Corinto. Durante il viaggio egli venne derubato e gettato in mare dall'equipaggio e si salvò solo grazie all'intervento del cetaceo che portandolo in groppa lo trasse in salvo.

CIGNO Rappresentava gli animali sacri alla dea Afrodite o Zeus che per conquistare una fanciulla si travestì da esso. Altre leggende lo immaginano come l'uccello che tentò di salvare Fetonte, figlio di Apollo, che un giorno appropriatosi del carro solare, provocò una distruzione totale della terra e del cielo. Zeus infuriatosi per punirlo lo fece affogare nel fiume Eridano, dove il Cigno tentò inutilmente di salvarlo. Il re degli dei, in riconoscimento della sua bontà, portò il volatile in cielo immortalandolo eternamente.

PERSEO Figlio di Zeus e Danae, fu confinato in un'isola deserta insieme alla madre perchè un oracolo aveva profetato al nonno che il giovane lo avrebbe spodestato. In esilio, il re del luogo insidiava Danae, così per liberarsi di Perseo lo inviò alla caccia delle Gorgoni, tremende creature che con lo sguardo pietrificavano chiunque le osservasse. L'eroe, grazie all'aiuto di Atena ed Ermes, riuscì nell'impresa ed al ritorno dalla sua avventura s'imbattè in Andromeda che salvò dal mostro marino. E' immaginato mentre tiene in mano la testa della

ANDROMEDA Rappresenta la figlia di Cefeo e Cassiopeia, destinata in sacrificio al mostro marino inviato dal dio Nettuno. La giovane, mentre aspettava la sua triste fine legata ad una roccia, fu improvvisamente salvata dall'arrivo di Perseo che la liberò sconfiggendo poi la terribile belva.

CASSIOPEA Mito di origine greca che impersona l'omonima regina di Etiopia. Questa offese le Nereidi, ninfe del mare e figlie di Nettuno, sfidandole in una gara di bellezza, così che il dio volle punirla per la sua vanità scagliando contro il suo popolo un mostro marino.

CEFEO Marito di Cassiopeia e padre di Andromeda, dopo aver consultato l'oracolo di Ammone decise, per placare l'ira del dio del mare, di offrire in sacrificio al mostro la figlia. Per gli egiziani raffigurava il faraone Cheope.

PEGASO Cavallo alato partorito dalla Medusa che fu donato dal dio Nettuno a Bellerofonte per sconfiggere la Chimera. Quest'ultimo reso raggiante dal successo dell'impresa tentò di raggiungere il monte Olimpo, cosa che gli venne impedita da Zeus che lo fece cadere dal cavallo. L'animale riuscì comunque nell'impresa divenendo uno dei preferiti dal re Zeus.

ERCOLE Figlio di Zeus ed Alcmena, che Era, consorte del re degli dei, tentò di uccidere con un serpente che invece fu strangolato dall'eroe. Grazie alla sua leggendaria forza supera le dodici leggendarie fatiche che lo vedranno sconfiggere, fra gli altri, il Leone, l'Hydra ed il Drago.

DRAGONE I greci lo immaginarono come il drago, guardiano del giardino delle Esperidi, sconfitto da Ercole o come il mostro che Atena prendendolo per la coda scagliò in cielo.

IDRA Altra fatica di Ercole che rappresenta il mostro a sette teste sconfitto dall'eroe greco od anche il serpente punito da Apollo.

LIRA Lo strumento inventato dal dio Ermes e che veniva suonato da Orfeo.

FRECCIA Il dardo che Apollo scagliò contro i Ciclopi per vendicarsi della morte del figlio Esculapio.

ARA Connessa in antichità al Centauro, rappresentava l'altare di questi, o quello del dio Dioniso.

CENTAURO Guerriero mezzo uomo e mezzo cavallo, viene raffigurato con una sua preda, la bestia crudele Lupo.

BALENA Raffigura il mostro marino al quale era stata sacrificata Andromeda.

VIA LATTEA La striscia lattiginosa che taglia il cielo, e che noi sappiamo essere la nostra galassia, per i greci rappresentava del latte perso da Era mentre allattava Ercole che versandosi si sparse nel cielo. Quest'ultimo infatti, era figlio di Zeus ed Alcmena la quale, per paura di ritorsioni da parte della consorte del re degli dei, lo abbandonò subito dopo la nascita. Zeus, che teneva molto al neonato, fece in modo con la complicità di Atena che la moglie stessa lo trovasse fra i campi, la quale inteneritasi prese immediatamente ad allattarlo rendendolo immortale. Vi sono anche altri miti che immaginano la galassia come il percorso celeste che portava al regno dei morti.

IADI Figlie di Atlante erano le sette ninfe che allevarono il dio Dioniso.

PLEIADI Altre sette figlie di Atlante immortalate nel cielo da Zeus per via della loro saggezza e per essere sottratte alle insidie del cacciatore Orione.

 

Ma la più famosa leggenda raffigurata nel  cielo è quella di Andromeda, che collega fra loro ben 6 diverse costellazioni, la storia di una principessa etiope, che però aveva la disgrazia di avere per madre una regina (Cassiopea) che parlava troppo, vantandosi di essere più bella delle Nereidi, le ninfe del mare.   Ciò produsse la collera di Poseidone, che mandò un orribile mostro marino, Ceto  (rappresentato dalla Balena), a devastare le coste d'Etiopia.   Il padre di Andromeda,  re Cefeo,  andò dall'oracolo di Ammone per sapere che cosa doveva fare per allontanare dal paese la calamità. Dopo avergli spiegato il motivo della collera del dio, l'oracolo disse allo sconvolto sovrano che l'unico modo per far finire le devastazioni era sacrificare la figlia al mostro. Andromeda venne perciò incatenata ad uno scoglio, in attesa dell'orrenda fine. Così la trovò Perseo, figlio di Zeus e di Danae figlia del re di Argo Acrisio, in volo da quelle parti con i sandali alati donatigli dalle Ninfe Stigie, di ritorno dall'uccisione della Medusa (dal sangue della testa recisa della Medusa nacque il cavallo alato Pegaso). L’eroe, informatosi di quanto era successo e fattosi promettere in sposa la figlia da Cefeo e Cassiopea se fosse riuscito a liberarli dal mostro, abbatté l'orrenda creatura in una battaglia epica. A malincuore, i re mantennero la promessa, mentre Andromeda, grata e riconoscente, accettò con gioia l'unione con il campione che si era già coperto di gloria in imprese precedenti. Tuttavia, Cassiopea si rimangiò la promessa e, d'accordo con Fineo, zio e precedente fidanzato di Andromeda, complottò contro Perseo. Ma questi, scoperto l'inganno, sgominò i nemici mostrando loro la testa della Gorgone. Dopo il matrimonio, Perseo portò Andromeda in Grecia, dove divenne re di Tirinto. Qui vissero una vita felice, procreando ben 13 figli! Il loro amore fu premiato con l'immortalità dell'infinito, ma anche gli altri personaggi della vicenda subirono la loro stessa sorte a perenne memoria. Il mito e l'infinito un binomio storicamente inscindibile.   Pensate che l'ultima stella scoperta nella nostra galassia, più grande ( 300 volte il sole) e più antica,  è stata nominata R136a1.  Non esiste nella storia, al fuori del mito, qualcosa che abbia reso più belle e più vicine a noi le stelle e la sua antica armonia vola tra di loro perennemente fino all'infinito.

La Verità (complessiva)

Le umane certezze,

le sicurezze,

le convinzioni totali

cedono il passo

e acquistano

i lineamenti

di una visione

parziale,

ingannevole

se guardi

nel profondo

le complessità

e i fili infiniti

che legano

al futuro

le motivazioni passate.

Le ferite profonde,

le delusioni

sofferte,

aprono spazi

più personali

a cognizioni composte,

a verità

contrapposte

sulle vicende

che muovono

lente

i passi

lungo sentieri

ripercorsi

all’infinito

nel tempo.

E allora

tu Nasso,

isola bella

che vivi

nel contrasto perenne

tra il bianco

e l’azzurro,

tu nave vivente,

paradosso più antico

tra l’uguale e il diverso,

che porti la morte

solo per vele

sbagliate,

tu muro infinito

che ha scrutato

a lungo

l’orizzonte marino

in attesa di un segno,

tu abisso finale

da dove i contatti

sono soltanto immagini

proiettate nei sensi,

tu reggia dorata

che esisti ormai

tra la penombra

di un sollievo

riconquistato

e di una paura

recondita,

tu paradiso terrestre

da dove arrivano

sguardi distaccati

e confusi

tra nettare e ambrosia,

siete soltanto

le scene di un tutto

che parlano al cuore

da punti diversi,

per arrivare alla sola

ed unica

verità complessiva

La mitologia greca, nel linguaggio simbolico degli dei, delle dee e di esseri “speciali”, ci parla di alcune delle verità che l'uomo deve capire per poter riportare l’equilibrio nella sua vita ed accogliere le sfide con le quali si deve confrontare. Ma queste verità sono una realtà molto complessa e articolata in tante parzialità per quanti sono i personaggi coinvolti nel mito. E' per questo che la verità raccontata nel mito pone un quesito che viaggia nel tempo assieme al racconto. Esiste la verità assoluta? Questa domanda si pongono, da secoli, gli uomini che ricercano i motivi dei tanti fallimenti motivazionali, dei rapidi cambiamenti di opinione, dei radicali stravolgimenti delle posizioni, osservabili nelle dinamiche interumane. Personalmente sono convinto che il concetto di verità assoluta non sia valido nemmeno per il mondo fisico, per cui non si può prevedere una immutabilità frutto di assiomi consolidati infiniti, né prescindere dal fatto che le analisi sono condotte dalla mente umana, che inevitabilmente rapporta tutto alla sua stessa realtà. La morte ne è l’esempio più lampante. La sua ineluttabilità è un assioma solo per l’uomo che la razionalizza, ma, certamente, non lo è per la materia, che si compone e si scompone in maniera continua e che esiste a prescindere dall’uomo. Ma dove il concetto è assolutamente fuorviante è nel campo della relazionalità e dei rapporti che si instaurano tra le persone. Spesso siamo portati, nella vita, a valutare comportamenti, a esprimere giudizi su contrasti e conflitti, a dare pareri su vicende che ci toccano personalmente o professionalmente. Bisogna sempre ricordare che ogni rapporto interumano che si instaura è, a sua volta, proveniente da una grande quantità di altri rapporti che lo condizionano e lo indirizzano su piani spesso impensabili ed imprevedibili. Ebbene, è tipico di una certa superficialità, uno sbilanciamento esplicativo frutto di analisi parziali, affrettate, che non prendono mai in considerazione tutti gli aspetti che connotano una vicenda, tutti i punti di vista e le motivazioni. Il giudizio finale che ci facciamo o che esprimiamo è molto più vicino all’inganno assoluto che non alla verità. Come è esperienza comune, quindi, i giudizi cambiano rapidamente, lasciando delle dolorose conseguenze sia in chi ne è oggetto sia allo stesso giudicante, che vive l’assoluta precarietà del suo ambito razionale come una insufficienza intellettiva, come una diminuzione dell’autostima. I giudizi affrettati e parziali nuocciono anche a chi li esprime. Il mito di Arianna mette in luce questa contraddizione tipicamente umana, perché è la storia stessa che si presta,in maniera indicativa, allo scopo. Ad una prima e sommaria lettura del mito, sembrerebbe che Arianna sia servita a Teseo, il quale, facendola innamorare di sé, ha sfruttato il suo aiuto per compiere la missione di eliminare il Minotauro, fratello di Arianna stessa. La storia termina con il colpevole abbandono della donna sull’isola di Naxos. Ma sarà poi un abbandono vero? Quali sono i motivi che possono aver portato al distacco di Teseo e di Arianna? Chi o che cosa è la causa di tutto? E sarà poi una fine? Che ruolo ha in tutto questo Dioniso? Non potrebbe essere forse una sua macchinazione per avere Arianna? Non possiamo dimenticare che in seguito Teseo ha sposato, Fedra, la sorella di Arianna. E stato forse un compensare una perdita o riparare un senso di colpa? O forse addirittura una punizione divina  vista la tragica vicenda di Fedra con Ippolito, il figlio nato dal precedente matrimonio di Teseo con Ippolita ( regina delle amazzoni). Complicate e confuse sono poi anche le vicende degli altri personaggi di questo mito. La realtà conclusiva è che non si possono esprimere valutazioni o giudizi se non si è analizzato, a fondo, tutte le verità parziali che compongono una vicenda, se non si sono esaminati tutti i punti di vista. La somma di tutte le verità parziali è la verità complessiva che, in ultima analisi, è quella che più si avvicina alla verità.   Il mito costituisce, in tale assioma, un esempio letterario tuttora non superato.

Conclusioni

Per molti razionalisti moderni, i miti non sono che un sinonimo di frutto della fantasia umana.  “È soltanto un mito”, dice la gente, intendendo che probabilmente non contiene alcuna verità. Ma in India, dove si capiscono meglio racconti simili, si afferma che “il mito rappresenta il maggior avvicinamento alla verità assoluta che sia esprimibile in parole”.    In termini occidentali, uno dei fattori di fondo che possono aver contribuito a costruire il desiderio dell'uomo di dominare la natura (anziché vivere in armonia con essa) è la citazione del Libro della Genesi “Prolificate, moltiplicatevi e riempite il mondo, assoggettatelo e dominate sopra i pesci del mare e su tutti gli uccelli del cielo e sopra tutti gli animali che si muovono sopra la terra”.   Pare ovvio che una interpretazione eccessivamente letterale  del brano dell’Antico Testamento ha trasmesso all’uomo occidentale un atteggiamento prevaricante e dominatore nei confronti del Creato, ed ha contribuito a formare la convinzione che il Mondo Naturale sia interamente a disposizione dell’uomo.    Una falsa verità che invece non troviamo esposta in nessun mito dell’antichità!    Oggi, almeno in parte, ci stiamo rendendo conto della necessità di correggere la nostra prospettiva su alcuni miti moderni, quali le teorie economiche affermate e su ciò che s’intende per progresso.     Probabilmente dobbiamo dare spazio a quell’elemento inconscio della nostra vita che è stato spodestato dalla marcia del razionalismo, un processo che ha portato ad una crescente incomprensione ed alla prevaricazione sugli altri ( siano essi uomini, animali o vegetali).    Queste correzioni non saranno facili, ma per far fronte alle future sfide globali dobbiamo associare, alla capacità tecnologica, una inversione di marcia sulla diffusione delle verità dominanti (facili e scontate),  e delle profonde variazioni nelle nostre capacità relazionali, nella sfera dei sentimenti.     Dobbiamo quindi recuperare le conoscenze forniteci dal mito, assai poco legate al puro razionalismo, e gli insegnamenti che hanno permesso all'uomo di progredire e plasmare la sua coscienza.    Riconoscere, alfine, che la mitologia è portatrice di eterne ed infinite verità.

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